lunedì 29 febbraio 2016

Amarcord, cose inutili da sapere.

Amarcord di Fellini è uno di quei film per cui ti senti fortemente inadeguato nel tentare un qualsiasi accenno di  recensione, talmente immensa la sua portata nel mondo del cinema che, all'uscita, un certo Alfred Hitchcock si rivolse al regista chiamandolo "Maestro". Tanto basta a definire la pellicola, una delle più grandi della cinematografia mondiale, per cui stop alle chiacchiere e ciao a tutti.
A margine giusto qualche curiosità per rimpolpare un po' il post grazie al prodigio della tecnologia che ha creato il copiaincolla.

- Ormai lo sanno anche i sassi e ti pare impossibile che sia da spiegare, dal momento che anche tu in dialetto l'hai sempre usato, ma Amarcord è la contrazione di a m'arcord, "mi ricordo" in vernacolo riminese e non solo. Amarcord, grazie al successo del film, è diventato anche un neologismo per definire un ricordo carico di nostalgia.

- Amarcord è probabilmente il film più autobiografico del regista riminese e viene vissuto attraverso il suo alter ego Titta (ispirato a Luigi "Titta" Benzi, amico d'infanzia di Fellini) interpretato dall'esordiene Bruno Zanin.

 L'esatto momento in cui la carriera del giovane Zanin raggiunge l'apice.

-  La scollacciatissima Gradisca in origine doveva essere interpretata da Edvige Fenech ma poi venne scartata perchè troppo magra e troppo giovane e tu ancora rimpiangi tale scelta. Con la Fenech, lo sai benissimo, Amarcord sarebbe stato di gran lunga il miglior film della storia del cinema.

Per la parte venne scelta Magali Noël, francese nata in Turchia ma credibilissima come romagnola.

La Gradisca come avrebbe dovuto essere. Maledetto Fellini, pagherai caro, pagherai tutto.

- Il monumentale Ciccio Ingrassia appare nella parte dello zio Teo e fa anche una comparsata come Carabiniere. Ingrassia è stato uno dei più grandi e sottovalutati attori italiani di tutti i tempi, spesso relegato in film di qualità discutibile col compagno di una vita Franco Franchi con cui ha formato una delle coppie comiche più famose di sempre. Non per questo il loro rapporto fu idilliaco, tra i due ci furono numerosi litigi che sfociarono in una lunga pausa tra i primi degli anni 70 e la famosa riconciliazione in diretta tv da Pippo Baudo nel 1980. Fu proprio durante questa pausa che Ciccio Ingrassia recitò in Amarcord.




- Alvaro Vitali, mito italiano della commedia sexy, era al quarto film con Fellini, recitò infatti in Fellini Satyricon, I clowns e Roma. Fu proprio il regista romagnolo a notare l'attore e lanciarlo nel cinema. In Amarcord per la prima volta veste i panni dello studente casinista e impertinente, ruolo che diventerà un suo vero e proprio marchio di fabbrica e riproporrà in larga parte della sua carriera (spesso e volentieri assieme alla Gradisca-che-avrebbe-dovuto-essere, Edvige Fenech) nel personaggio della serie Pierino e in altri film come Gian Burrasca, Giggi il bullo e Paulo Roberto Cotechiño centravanti di sfondamento.


Per i puristi, è bene distinguere la serie Pierino tra ufficiali ed apocrifi, dove è assente Vitali:

      Ufficiale:
      Non ufficiale:

-  Malgrado l'ambientazione romagnola tutto il film è stato girato a Roma negli studi di Cinecittà, persino le strade e le piazze del Borgo sono state realizzate da Danilo Donati negli studi basandosi su Rimini. Il Grand Hotel, invece, ispirato al Grand Hotel (sempre di Rimini), è il palazzo liberty Paradiso Sul Mare di Anzio, realizzato tra il 1919 e il 1924 dell'architetto Cesare Bazzani che in origine doveva diventare un casinò.

Il Grand Hotel di Rimini a sinistra ed il suo alter ego cinematografico di Anzio a destra.

- Il film inizia con l'arrivo della primavera del 1932 e termina, un anno dopo, nella primavera del 1933. La datazione precisa la si può dedurre dal passaggio della VII edizione della Mille Miglia.

-  Il ruolo del principe è affidato a Marcello Di Falco, attore con all'attivo numerose collaborazioni con Fellini. Celebre è stata la sua battuta sul set de La Città delle Donne, "Maestro, lei è il più grande genio al mondo e può fare tutto tranne insegnarmi a fare il frocio!". E difatti Marcello diventa Marcella nel 1987 e militante attivo del Movimento Identità Transessuale.

 

           Prima e dopo

- La celebre Tabachera ha il volto ma soprattutto le mastodontiche tette della bolognese Maria Antonietta Beluzzi, che rimarrà in eterno scolpita nell'immaginario popolare per le sue evidenti doti artistiche contribuendo non poco a stereotipizzare le proprie concittadine.


- Personaggi e comparsate illustri: lo zio fancazzista e donnaiolo dall'evocativo soprannome "Pataca" è nientemeno che Nando Orfei, sì quello del circo. Che infatti qui fa il giocoliere.


Il barbuto energumeno al seguito del sultano e relativo harem è invece Francesco Di Giacomo, cantante del Banco Del Mutuo Soccorso, anche lui, come Alvaro Vitali, presente in Fellini Satyricon, I Clowns e Roma.


In mezzo ai ragazzini che fanno a palle di neve c'è anche un giovanissimo Eros Ramazzotti, raccattato su come comparsa assieme ad altri coetanei del quartiere Cinecittà.

 Uno di questi qui insomma

- Per concludere due parole sull'elemento politico di Amarcord. Se è vero che attraverso il filtro onirico delle memorie del regista possiamo scorgere luci ed ombre così come freddezza e nostalgia è altresì vero che, malgrado il taglio comico, il trionfalismo fascista è trattato con vera ferocia, sottolineando il lato cialtronesco ed infantile di chi lo impersona e sostiene.  Un fascismo, insomma, inteso come stadio puerile del Paese, la malattia di un’Italia che non vuole crescere, proprio come il protagonista Titta eternamente in pantaloni corti. In questo senso la sequenza della parata di corsa del sabato fascista è una delle sequenze più comiche, grottesche ed emblematiche dell'intero film.



mercoledì 24 febbraio 2016

Questa sera al Microcinema

Liberatevi di tutti gli impegni perchè stasera proiettiamo nientemeno che Amarcord di Federico Fellini. L'avete già visto? Ok, ma non l'avete mai visto al Microcinema che è tutta un'altra cosa.




Daimò.

giovedì 18 febbraio 2016

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

Meglio conosciuto col titolo "I nostri amici poliziotti" o "Gli angeli che ci proteggono" e distribuito nelle scuole, Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto è prima di tutto una vera e propria dichiarazione d'amore nei confronti della Forza Pubblica.
Anni 70, anzi 1970, periodo spensierato e luminoso del belpaese, il "dottore", pezzo grosso della pula, capo della omicidi e neopromosso capo dell'ufficio politico (che sembra un qualcosa partorito dalla mente di Pinochet) uccide l'amante con la quale aveva un rapporto un tantinello malato e, in preda ad un accenno di delirio di onnipotenza appena appena percepibile, decide di disseminare indizi che lo incriminano perchè tanto chi se ne fotte, lui è completamente al di sopra delle legge e tant'è.
Lucidissima, consolatoria, calda ed ovattata analisi del potere e delle sue deviazioni messa in scena come un lungo sprofondo negli abissi contorti della mente di un monumentale Gian Maria Volontè, capace di dare un volto appena appena inquietante ad un personaggio che tanto amabile non è.


Film che poteva essere girato solo negli anni '70 dove da subito si respira a polmoni spianati la caratteristica atmosfera plumbea di quegli anni di piombo anche se, e qui siamo tutti più contenti, alla luce di quello che è successo al G8 di Genova e le cronache recenti sul caso di Aldrovandi o Cucchi, quest'opera appare più che attuale e decisamente sinistra. Mai come in questo caso il concetto di sospensione dei diritti è stato messo in scena con un tale potenza ed il continuo ed ossessivo ripetere della parola "cittadino", pressochè sempre in bocca al protagonista, è quantomai stridente e disarmante, perchè il punto è, fino a che punto un individuo è da considerarsi cittadino in uno stato di diritto nel momento in cui tale diritto viene negato istituzionalmente?

 Il discorso del Dottore rassicurante quanto basta.

Il Dottore, superreazionario ossessionato dalla sovversione, si pone con puntuale modestia come dio ed unica incarnazione del concetto di autorità, concetto in cui, a sua volta, riversa tutta la sua nevrosi e la sua fragilità in ambito privato e intimo, come emerge dal suo confrontarsi con la dominante, perversa (ed anche un po' zozza) amante morobosamente affascinata dall'idea di potere ed impunità. Amante che, di tanto in tanto e molto gentilmente fa notare al nostro affezionato quanto sia incompetente in quel senso, incompetenza che fa da naturale contraltare all'invece supersbandierata competenza poliziottesca.
Nel complesso possiamo riassumere il tutto con "se la polizia vigila su di noi, chi vigila sulla polizia?", domanda che racchiude il cortocircuito e punto irrisolto dell'ambiguità del potere. In questo senso cariche di significato e di reale fastidio sono le scene in cui i "cittadini" comuni si trovano a dover fare i conti col simpatico sbirro.

L'infausta scena del "Per chi vota?" con il protagonista cammuffato per l'occasione da Pasolini.

Indagine Su è un film di quelli che ti prendono a cazzotti nello stomaco e un po' dappertutto dall'inizio alla fine, per certi versi paragonabile ad altre pellicole che a loro volta si interrogano piacevolmente sul ruolo del potere come "Salò" o "Arancia Meccanica", un'opera comunque in cui difficilmente troviamo sprazzi di umanità con cui empatizzare, gli stessi rappresentanti della sovversione sono inconsistenti ed a loro volta sedotti dal fascino della coercizione, come emerge dal dialogo geniale tra Il Dottore e l'anarchico Pace

Il dottore: Lo sai chi sono io?
Pace: Per me, tu eri l'amante della signora del piano di sotto, quella che hanno assassinato.
Il dottore: Da chi e quando?
Pace: Per me le signora l'hai ammazzata TU il pomeriggio di domenica 24 agosto.
Il dottore: A che ora?
Pace: Per me puoi averla ammazzata tra le 17 e... e le 19, l'ora in cui ci siamo incontrati al cancello, come sai.
Il dottore: Visto che per te è tutto così chiaro, denunciami.
Pace: Ti piacerebbe.
Il dottore: Denunciami!
Pace: Qui ci sei e qui ci rimani, un criminale a dirigere la repressione è PER-FET-TO, è PER-FET-TO, è PER-FET-TO, è PER-FET-TO!
Il dottore: Denunciami, tu mi devi denunciare, tu mi devi denunciare, io ho sbagliato, ma io voglio pagare capisci? E non gridare, non gridare!
Pace: Fai il tuo lavoro!
Il dottore: Tu mi devi denunciare, perché io sono una persona p...
Pace: [Alle guardie] Aprite! [Al dirigente] E alla prossima azione, ti telefono! Ti tengo in pugno, tiè!

Il complesso affresco che Petri dipinge alterna con mestiere piani sociologici e piani psicologici, laddove psiche e società si fondono e le nevrosi del protagonista si trasformano nello stato di cose, ed in questo senso la profetica sequenza finale onirica con tanto di tiratina d'orecchi precede il finale vero e proprio che rimane aperto, o forse no.
Le musiche di Morricone sono assolutamente indispensabili quanto la faccia di Volontè.










lunedì 15 febbraio 2016

Questo mercoledì al Microcinema



Questo mercoledì è assolutamente imperativo partecipare al poderoso evento "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto". Il capolavoro di Elio Petri dal remoto 1970, con un monumentale Gian Maria Volontè.
Nessuna scusa sarà ammessa.



lunedì 8 febbraio 2016

Il Sorpasso

E di come nel 1962 Dino Risi ci avvertiva degli anni '80 prossimi venturi.
In una Roma deserto a ferragosto il cialtronissimo Bruno (un Vittorio Gassman enorme in questo ruolo) vaga in cerca di sigarette e di un telefono pubblico e ti incontra il timido studente di giurisprudenza Roberto (Trintignant). Il coktail letale formato dall'arrendevolezza dello studente e dell'aggressiva esuberanza di Bruno fanno sì che il giovane Roberto si trovi imbarcato, suo malgrado, in un viaggio sconclusionato lungo la via Aurelia, verso la Toscana e le località balneari.

 La magnifica Lancia Aurelia B24s disegnata da Pininfarina sulla Via Aurelia, nome identico per due simboli del benessere dell'epoca (la Via Aurelia è stata una delle strade più battute all'epoca dai primi villeggianti verso agognati miraggi balneari)

Con il Philips Mignon, un'incredibile autoradio che va a vinili!!! Ora il lettore cd/mp3 che hai in macchina non sembra più 'sto granchè eh?

Ti senti profondamente inadeguato a parlare di questa pellicola perchè è forse il più grande film di Risi ed una delle migliori opere cinematografiche italiane di tutti i tempi, un vero e proprio film-testimonianza di quella mitizzata età dell'oro che prese il nome di boom economico, di cui ancora oggi si vagheggia con occhio lacrimolevole, che gettò le basi per tutte quelle cose simpatiche in gran voga negli '80, dai paninari alla Milano da bere, e che naufragheranno fragorosamente nei '90 con Manipulite e compagnia bella. Che poi Risi, a quanto pare, questa mitizzata età la disprezza proprio con ferocia eh, ed affida al girovagare balordo dei due protagonisti l'amaro compito di guidarci per mano a solcare le onde di quel gran mare di frivolezze di quell'epoca che fu, con "Guarda come dondolo" sparata a mille ed in loop quale designata colonna sonora micidiale e straniante, in special maniera nel finale (di cui non parleremo per ovvissimi motivi).

La grande hit che la fa da padrone, nel film come nelle sale di tortura di Guantanamo.

Se Bruno/Gassman in questo Boom ci sguazza alla grande come un grosso e rumoroso opportunista nullafacente con tanto di italianissimo cartello "Camera dei deputati" sul parabrezza e Roberto/Trintignant è combatutto sino alla fine tra volontà di integrarsi in un mondo a lui abbastanza estraneo e quella serietà professionale che il suo percorso, già delineato a tavolino, impone, il resto dei personaggi, dai comprimari alle comparse, appaiono come un enorme sfondo nonsense dove tutti sembrano pervasi da un' euforica follia collettiva , come se il mondo intero si fosse svegliato ed avesse fatto colazione a base di Coca Cola con l'aspirina ed LSD.

 Ballano tutti e ballano ovunque, sempre sfoggiando una faccia fresca fresca di lobotomia frontale.

E così, tra sorpassi avventati, contadini amanti della velocità, turiste tedesche già ben noto clichè, autogrill dove si balla (indovinate su che musica) e spiagge già affollatissime e popolate dal volto peggiore dell'Italia palazzinara, i due compiono il proprio viaggio verso quella che si rivelerà un'amara presa di coscienza come figli/nipoti o padri/mariti e relativi ruoli sociali in cui i protagonisti faticano a calarsi per immaturità, indecisione e manifesta inadeguatezza.

 Le turiste tedesche non si sono scrollate più di dosso quest'infausto ruolo con grande soddisfazione di tutti i bagnini dal Lido di Volano in giù.

Stesso discorso per le cougar bolognesi.
  
Nello svolgimento della storia non c'è redenzione per nessuno, non c'è per Bruno, il cui apparente processo di riavvicinamento verso la famiglia viene annientato dall'improvviso viaggio verso l'Elba organizzato dallo stagionato (e ricco, ma va?) fidanzato della figlia quindicenne con tanto di saluti & baci a Bruno, clamorosamente dimenticato a terra,

 Lilly e Bibi (!) la cosa più aberrante del film, fatta passare come un inquietante e normalissimo dato di fatto.

e non c'è per Roberto il cui processo di maturazione sentimental/erotica viene brutalmente decapitato sul nascere.

 Una delle scene più strane e che ti sono piaciute di più, il lungo scambio di sguardi tra Roberto e l'enigmatica futura velina con viscidone capitalista al seguito.

Si ride tantissimo e si ride amaro, Il Sorpasso è uno dei più formidabili esempi di commedia all'italiana ed uno di quei film che ti ammazzano per drammaticità, la tragedia è dietro l'angolo e gli anni '80 col loro cieco ottimismo e la monumentale menzogna di un'Italia potenza mondiale e faro di benessere sono non solo prossimi a venire ma partono proprio da quella spiaggia di Castiglioncello del 1962.

C'è spazio anche per lo sproloquio del cugino Michele, che a forza di R mosce ci ricorda che il fantasma del fascismo non ha mai smesso di strisciare.

mercoledì 3 febbraio 2016

FABIO PECORARI (Fifo)



Probabilmente la mia è la generazione più europeista che si sia stati in grado di crescere. Avevo undici anni nel '92 - l'anno di Maastricht - e posso dire di essere stato tirato su a pane e entusiasmo per l'integrazione europea (e chi era bambino in quegli anni certamente ricorderà di aver risposto almeno una volta al telefono dicendo "Europa Europa").
È passato quasi un quarto di secolo e non si può che registrare una certa inversione di tendenza nella percezione comune.
Compito della satira in questo contesto credo sia, aldilà dei preconcetti, non tanto quello di decretare se la sfida dell'Europa unita sia stata vinta o meno, quanto quello di continuare a svelare  le storture di certi meccanismi di gestione del potere, a Bruxelles o a Strasburgo così come a Roma, Parigi o Berlino.
Ridere dell'Europa e delle sue istituzioni rimane, a mio avviso, uno dei metodi più efficaci per analizzare la sua crisi ed affrontarla consapevolmente.



                 
                                                         

lunedì 1 febbraio 2016

Questo mercoledì al Microcinema

Fierissimi nell'offrirVi la visione de Il Sorpasso, capolavoro della cinematografia italiana che non ha certamente bisogno di qualsivoglia nostra inadeguata presentazione.




Mercoledì 03/02 - 21.15