venerdì 1 aprile 2016

Paolo Sorrentino, breve carrellata su

Punta di diamante del cinema italiano ed apprezzatissimo all'estero (mentre in Italia "sì ok bravo ma però" da perfetti cagacazzi quali siamo) Sorrentino è un autore prolifico ed originale, capace di un cinema poetico e cinico, appassionato e distaccato, estetizzante e grottesco, insomma uno che con la macchina da presa dice la sua. Leggendo in giro hai trovato roba come "il Lynch italiano" "l'erede di Fellini" "il Tarantino de' noantri" ma fondamentalmente trovi che P.S. sia un autore a sé e come tale anche il suo cinema gode di un certo carattere indipendente, e per fortuna.
Premesso questo ecco due righe per ogni suo lungometraggio, sulla scia del film presentato l'altra sera, L'Amico Di Famiglia.

- L'Uomo In Più (2001): esordio apprezzatissimo per il nostro regista che ci racconta la storia dei due Antonio Pisapia, un cantautore alla Califano ed un introverso calciatore, dalle opposte personalita, le cui vicende corrono parallele e convergenti nello sfondo di una Napoli spietata e cinica. L''uomo in più è anche una tattica calcistica. Prima collaborazione con Toni Servillo, guarda caso, magistrale. La vita in fondo è 'na strunzata.


- Le Conseguenze Dell'Amore (2004): dopo il promettente esordio la definitiva consacrazione con quello che è uno dei suoi più acclamati lavori. Titta Di Girolamo vive in un albergo in Svizzera riciclando i soldi della mafia in un'esistenza grigia e sconsolata nella quale fa capolino l'improvvisa passione per una giovane cameriera che innescherà una valanga di avvenimenti con conseguenze (quelle del titolo) assolutamente "da non sottovalutare". La macchina da presa indugia per 3/4 del film sulla bravura di Servillo, sui suoi silenzi e microespressioni, salvo poi sterzare ferocemente nel giallo accelerando in modo brutale ed inaspettato. L'attore protagonista giganteggia nella parte come se fosse nato per quel ruolo. Imperdibile.
5 David di Donatello 2005: miglior film, miglior regista (Paolo Sorrentino), migliore sceneggiatura (Paolo Sorrentino), miglior attore protagonista (Toni Servillo), miglior direttore della fotografia (Luca Bigazzi), 4 Nastri d'argento 2005: migliore attore protagonista (Toni Servillo), migliore attore non protagonista (Raffaele Pisu), miglior soggetto, miglior fotografia (Luca Bigazzi), 2 Globi d'oro: miglior sceneggiatura (Paolo Sorrentino), miglior attrice rivelazione (Olivia Magnani).


- L'Amico Di Famiglia (2006): forse il film che ha diviso più critica e pubblico. Atteso al varco dopo il successone de Le Conseguenze, Sorrentino gira una pellicola assolutamente straniante, un elogio alla deformità ed alla bruttezza del mondo. Storie di usura e amore in un Agro Pontino mai così alienato e disperato, un affresco dell'abbruttimento umano e morale girato con uno stile che sa coniugare momenti di assoluta poesia e cristallizzazione estetizzante ad altri di abissale ed assoluto disgusto. Uno di quei film che ti tolgono ogni speranza, ma con un'eleganza impeccabile e sferzate di ironia che ti fanno persino sorridere. Trovi che sia un ottimo film anche se i pareri che hai trovato sull'Internet e non solo, discordano.


- Il Divo (2008): ovvero la spettacolare vita di Giulio Andreotti, deus ex machina della politica italiana dal dopoguerra ad oggi e relative profondissime zone d'ombra. Rivisitazione pop sotto anfetamine del genere biografico. Il diretto interessato reagì così: "è molto cattivo, è una mascalzonata, direi. Cerca di rivoltare la realtà facendomi parlare con persone che non ho mai conosciuto". Con grande sorpresa di tutti Sorrentino è sopravvissuto senza finire accoppato da un caffè Sindona-style.
Indovinate chi c'è nei sinistri panni del senatore a vita? Toni Servillo.


- This Must Be The Place (2011): primo film in lingua inglese del regista con un cast extralusso in cui spiccano Sean Penn e Frances McDormand. Una rockstar (sì ok è Robert Smith) in pensione che si trascina nella malinconia e nell'autocommiserazione si trova, suo malgrado, ad improvvisarsi cacciatore di nazisti in uno straniante road movie sulle highways d'America, che, come tutti i road movies, è anche un viaggio interiore alla ricerca del sé. Nella sfilata di personaggi bizzarri incontrati nel percorso, un cacciatore di nazisti professionista, l'inventore del trolley ed un favoloso cammeo di David Byrne il cui singolo (tratto dall'album Speaking In Tongues dei Talking Heads) dà il titolo al film. Ti è piaciuto tantissimo.


 - La Grande Bellezza (2013): ma anche la grande bruttezza filtrata attraverso il disilluso sguardo di Jep Gambardella (Servillo), navigato e fascinoso scrittore, giornalista e critico teatrale. Il protagonista, preda del blocco dello scrittore e tramutatosi nel re della mondanità romana e delle famose terrazze, tira un po' le somme di una vita sperperata nella quale la ricerca della "grande bellezza" è naufragata in un mondo di patinato abbruttimento: "Mi chiedono perché non ho più scritto un libro. Ma guarda qua attorno. Queste facce. Questa città, questa gente. Questa è la mia vita: il nulla. Flaubert voleva scrivere un romanzo sul nulla e non ci è riuscito: dovrei riuscirci io?"
Confezione sontuosa con la macchina da presa perennemente incollata al volto del protagonista che titaneggia non poco nel ruolo nella cornice di una Roma dalla bellezza quasi divina. Analogie nella forma e nel contenuto con 8½ di Fellini. Sabrina Ferilli, vestita pochissimo per larga parte del film, esibisce a 49 anni un telaio formidabile. Premio Oscar come miglior film straniero.


- Youth - La Giovinezza (2015): secondo film in lingua inglese ma non l'hai ancora visto, ne parlano un gran bene però e c'è Harvey Keitel e Michael Caine, quindi lo recupererai presto.

I due protagonisti e, boh, la giovinezza del titolo?
 

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